Praga, Repubblica Ceca

Valeria non sa da quanto tempo è rinchiusa in questa stanza. La finestra è stata sprangata, la porta è troppo resistente per essere sfondata, e non ci sono mezzi di comunicazione. Non le è stato fatto del male ed i pasti arrivano regolarmente, anche se il suo carceriere non si fa mai vedere di persona.

Oggi tutto cambia quando la porta si apre. Il volto dell’uomo è ancora coperto dalle bende; ha portato con sé un cambio di vestiti che appoggia sul letto, prima di porgere un oggetto a Valeria. Assomiglia ad un braccialetto, anche se è un po’ troppo spesso e pesante per essere un gioiello.

-Indossalo – ordina l’uomo. Il tono della sua voce fa rabbrividire Valeria; non le ha mai torto un capello, ma dietro ogni sua parola c’è una rabbia a malapena repressa.

-Non sei molto romantico – scherza lei, cercando di sdrammatizzare mentre indossa il bracciale.

-Posso farlo esplodere in qualsiasi momento. Ingannami, donna, e ci saranno conseguenze.

-Sì, decisamente poco romantico. Questo vuol dire che sono libera?

-No. Vuol dire che mi aiuterai a ricordare chi sono.

 

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BREAKING DOOM

Parte 3 di 6

#15 – Il riflesso distorto

di Fabio Furlanetto

 

Ambasciata Latveriana a Canberra, Australia

Lo sfarzo dell’edificio contrasta con l’importanza dello stato che rappresenta: la quasi totalità degli australiani non saprebbe indicare Latveria su una mappa.

L’ambasciata sembra ancora più titanica agli occhi di Scott Lang, ma solamente perché in questo momento ha le dimensioni di una formica come si addice ad Ant-Man.

-Sicuro che siamo nel posto giusto? Capisco che Latveria abbia un’ambasciata anche qui, ma a cosa interessa l’Australia a Destino? Vuole costruirsi un esercito di canguri cyborg?

Di fianco a lui c’è qualcun altro delle stesse dimensioni, ma che invece di un costume da super-eroe indossa un’armatura simile a quella del Dottor Destino, anche se senza mantello.

-Non sono abbastanza aggressivi. Il diavolo della Tasmania sarebbe un soldato migliore.

-Per favore dimmi che stai scherzando, Kristoff...

-L’Australia possiede oltre un quarto delle riserve di uranio del pianeta; Destino era interessato ad entrarne in possesso, ma ha abbandonato il progetto qualche anno fa, dopo aver sintetizzato un nuovo elemento trans-uranico sufficientemente radioattivo. Se le mie fonti sono corrette, e naturalmente lo sono, le difese di questa ambasciata sono sufficientemente obsolete.

-Ma non abbastanza da entrare senza il mio aiuto.

Anche se la maschera di Kristoff ne nasconde le fattezze, Scott giurerebbe di averlo visto corrugare la fronte.

-Muoviamoci, Lang. Questa non è una visita di piacere.

 

Castello Destino, Doomstadt, Latveria

Morgana Von Doom è di buon umore. E’ una vista così rara da essere ragguardevole, ma questa mattina non ha ancora nemmeno alzato la voce. Considerato che da quando ha preso il potere le lesioni al personale sono aumentate del 40%, nessuno dei servitori osa notarlo ad alta voce.

La Principessa Destino sta percorrendo i corridoi del castello, a fianco del Primo Ministro Lucia Von Bardas; il massiccio robot viola chiamato Custode li segue a pochi passi di distanza.

-Il suo lavoro è impeccabile, Von Bardas. Sapevo che non giustiziarla sarebbe stata la scelta giusta.

-La ringrazio, Vostra Maestà. Ne deduco che intende ripristinare l’autonomia dei vari ministeri?

-Entro certi limiti. Preferisco supervisionare il maggior numero possibile di dettagli, ma i ministri scelti da mio padre si sono dimostrati all’altezza dei propri compiti.

-Sono lieta di sentirglielo dire, Vostra Maestà. Se posso permettermi, suggerirei di aumentare la frequenza delle visite di stato: il suo viaggio nel Regno Unito ha fatto molto per l’immagine di Latveria, quasi quanto stanziare miliardi per aiutare i profughi di Aqiria.

-Interessante prospettiva. E’ ingiusto che solo Latveria osservi la gloria di Destino, in fondo.

Mentre fissa Morgana rimuginare sulle possibilità, il sangue di Lucia bolle di rabbia. Se questa ragazzina viziata non si fosse intromessa, Latveria ora sarebbe sua. Se il mondo sapesse che Aqiria è allo sfacelo per colpa di Destino, o che la bella principessa che suscita l’attenzione dei media è una squilibrata che potrebbe uccidere il primo che passa solo per averla guardata male...

-Intruso nella Sala dei Gioielli della Corona – annuncia Custode, la cui voce tonante interrompe i pensieri del Primo Ministro.

-Avrei dovuto essere avvertita – si lamenta Von Bardas.

-Le difese del castello non sono scattate; non è un comune intruso. Me ne occuperò personalmente – dichiara Morgana, avvolgendosi teatralmente nel proprio mantello verde e passando attraverso il pavimento come un fantasma.

 

Il Castello Destino è uno dei più grandi d’Europa; molti dei re di Latveria non hanno mai messo piede in tutte le sue stanze, e persino Destino non le visita tutte con frequenza.

La Sala dei Gioielli della Corona ha cambiato funzione diverse volte, prima di tornare al proprio ruolo tradizionale. Numerose teche custodiscono preziosissimi gioielli antichi, a cui negli ultimi anni si sono affiancati amuleti magici ed anelli alieni; sono esposti al pubblico almeno una volta all’anno, ma al di fuori di occasioni speciali nessuno può mettervi le mani sopra.

Per questo Morgana si sorprende di trovare qualcuno di fronte ad una delle teche spalancate: è una bambina dai lunghi capelli biondi, forse di tre o quattro anni, che ora indossa una collana e una tiara decisamente troppo grandi per la sua età.

-Che cosa credi di fare!? – chiede Morgana.

-Non c’è bisogno di gridare, sono solo venuta per giocare e fare quattro chiacchiere. Immagino che tu sappia chi sono, vero cuginetta?

-Valeria Richards – risponde Morgana, e raramente un nome è stato pronunciato con più odio.

 

Praga, Repubblica Ceca

Rispetto all’ultima volta in cui Valeria l’ha visto, il rifugio è decisamente migliorato. E’ ancora lo scantinato male illuminato di una casa fatiscente, ma ospita una quantità impressionante di attrezzi elettronici di ogni genere. Sullo schermo di un computer costruito con pezzi di ricambio, rapidissime linee di codice si scrivono da sole. Il carceriere si è immediatamente dedicato a saldare qualcosa, il volto protetto da una maschera da saldatore su cui rimbalzano le scintille.

L’unica altra persona presente è una ragazza dai capelli biondi e con una M tatuata su un occhio, che fino all’arrivo di Valeria stava fissando un contenitore cilindrico posizionato al centro del tavolo. Con sorpresa di Valeria, l’americana Layla Miller sembra contenta di vederla.

-Hey Val! Vedo che anche tu ti sei adeguata alla moda – dice indicando il bracciale che indossa, identico a quello di Valeria. I vestiti sono diversi da quello con cui l’ha vista l’ultima volta.

-Sei felice di poter saltare in aria anche tu?

-Sono più preoccupata dal fatto che Doc conoscesse la mia taglia di vestiti.

-Dove avete preso tutto questo equipaggiamento?

-Non guardare me, ha preso tutto quanto Doc – risponde Layla, indicando il carceriere.

L’uomo non alza lo sguardo dal proprio lavoro, ma si degna di rispondere:

-Ne avevo bisogno e le mie necessità prevalgono su quelle degli altri. La gente non sa come sfruttare a dovere quello che ha. Mentre io so molte cose, come direbbe la signorina Miller.

-Gli hai fatto qualcosa con il tuo potere? – chiede Valeria a Layla, con tono accusatorio.

-Un bel niente. Ricordi quando ti ho detto che il buon Doc aveva trovato un modo per reindirizzare la propria reincarnazione? Credo abbia trovato anche un metodo per legare le sue conoscenze scientifiche alla sua stessa anima.

-Ed ha deciso di reincarnarsi in un tizio qualsiasi, un reparto ustioni di Praga? E’ ridicolo!!!

-Tutt’altro che “qualsiasi”, donna. Signorina Miller, le mostri la mia vecchia faccia.

-Come vuoi tu, Doc – risponde Layla, avvicinandosi allo strano contenitore cilindrico; una volta aperto, rivela qualcosa di inquietante: un volto umano, che Valeria non riconosce.

-Quella sarebbe la faccia che vedreste sotto queste bende, se la mia carne non fosse stata bruciata oltre ogni possibilità di riconoscimento – chiarisce l’uomo.

-Allora come hai fatto a replicare quel volto? – chiede Valeria.

-Perché io sono... - l’uomo si ferma, come se avesse la parola successiva sulla punta della lingua ma non riuscisse a pronunciarla.

-Ricordo delle cose. Questo nascondiglio, per esempio. Quel volto, ma non è lo stesso che ricordo di aver visto in uno specchio. Non ricordo nessuna di voi due, ma ricordo una voce che mi chiama... la prima cosa che ho sentito prima di svegliarmi dal coma. Una voce di qualcuno che implora il mio aiuto. Una voce che voi due mi aiuterete a trovare.

-O potremmo semplicemente dirti chi sei in realtà. Devi sempre fare le cose nel modo più inutilmente difficile, vero Doc? – chiede Layla.

-Tutt’altro, signorina Miller: rintracciare gli uomini che hanno provato a ucciderci sarà di una semplicità unica.

-Spero tu non stia contando sui miei poteri, perché non funzionano così.

-Nulla di così complicato. Dovremo semplicemente invitarli ad ucciderci di nuovo.

-Molto rassicurante – commenta Valeria.

 

Ambasciata Latveriana a Canberra, Australia

Nel seminterrato dell’edificio c’è una stanza ben isolata: dovrebbe ospitare una dozzina di tecnici specializzati che seguono su una pletora di schermi informazioni registrate in tutta l’Australia, ma al momento solo un robot di guardia siede impassibile davanti ad un quadro comando.

Quando si accorge che qualcosa non va è già troppo tardi: prima che possa muovere un dito, una fontana di scintille fuoriesce dalla sua testa e crolla a terra.

Ant-Man apre una piccolissima porta di connessione sulla nuca del robot, prima di tornare alla proprie dimensioni reali e guardarsi attorno.

-Che cos’è questo posto? Sembra una cabina di regia.

Anche Kristoff riprendere le proprie dimensioni originali, e non perde tempo ad inserire dati nel più vicino terminale mentre Scott si guarda attorno.

-Questo è un centro di spionaggio, vero? – realizza.

-Precisamente. Ora devo cancellare le nostre tracce: l’ambasciata verifica la presenza di particelle Pym ogni 7 minuti. Ecco, ora possiamo agire indisturbati.

-E’ così che Destino ottiene le sue informazioni? Mi sono sempre chiesto come facesse ad essere sempre informato su qualunque cosa.

-Ci sono diversi sistemi ridondanti, ma questo è uno dei più capillari. Tutte le informazioni vengono registrate, codificate ed indicizzate da avanzati software semi-senzienti; dammi cinque minuti e potrei dirti che cosa ha mangiato a pranzo Nick Fury.

-Incredibile. Una volta resa pubblica una cosa del genere, Destino passerà un mare di guai!

-Non siamo qui per questo, Lang.

-Come sarebbe a dire?

-Sto scaricando i codici di accesso ai sistemi di sicurezza del Castello Destino. Morgana li ha cambiati dopo aver preso il potere, ed è troppo sicura di se stessa per modificarli. Quando governavo Latveria, cambiavo i miei codici almeno una volta al giorno, giusto per essere sicuro.

-Ancora mi sfugge perché non possiamo rivelare l’esistenza di questa struttura segreta; ormai hai quello che volevi, che differenza fa?

-Morgana è pazza ma non stupida: capirebbe immediatamente che sono coinvolto e cambierebbe i codici. Ma non preoccuparti, Lang, quando avrò riconquistato Latveria chiuderò questo...

-Aspetta, aspetta. “Quando avrai riconquistato Latveria”? E’ questo che mi stai chiedendo di fare!?

-Credevo fosse così ovvio, Lang, che non ho pensato fosse necessario esplicitarlo.

-Beh ti sei sbagliato, e di grosso anche!

Kristoff solleva una mano verso Ant-Man, ed il suo guanto crepita di energia.

-Allora abbiamo un problema, Lang. O per essere precisi: tu hai un problema.

 

Castello Destino, Doomstadt, Latveria

Morgana Von Doom strappa la tiara dalle mani di Valeria Richards, che salta per cercare di recuperare il gioiello, ma la bambina di tre anni non ha speranze rispetto alla ragazza di diciotto.

-Ridammelo, ci stavo giocando io!

-Questo non è un giocattolo e tu non sei la benvenuta in questo paese.

-Invece sì, zio Destino mi ha dato la cittadinanza onoraria. Controlla pure se vuoi.

-Sei già cittadina americana. Latveria non permette la doppia cittadinanza.

-Stai dicendo che tuo padre ha sbagliato, dunque?

-Sei fortunata che io sia una Von Doom, ragazzina, o saresti già stata condannata a morte.

-Sì sì, continua pure ad ostentare la tua propensione alla violenza; è un meccanismo di difesa un po’ rozzo, ma tutto sommato prevedibile.

-Sei una ragazzina davvero irritante, Richards. I tuoi genitori sanno che sei qui?

-Potrei farti la stessa domanda, cuginetta.

-Non ti permetto di chiamarmi così. Tu non sei Destino.

-Ma sono molto più Destino di te, non è vero?

La risposta di Morgana è una scarica di energia. Abbastanza potente da trafiggere il cuore di una bambina, ma inutile contro un ologramma.

-Che cosa diavolo...

-Luce solida – spiega la voce di Valeria, ma che non proviene dal corpo che ora ha un buco nel petto all’altezza del cuore: la bambina si trova dietro una delle teche, ed ha in mano un dispositivo visibilmente costruito da pezzi di ricambio.

-Avevo i miei sospetti e li hai appena confermati: non sei intelligente come Destino o come papà, e non parliamo neanche di quanto non lo sei rispetto a me. Mi piacciono i tuoi capelli, però.

-Invadi Latveria, insulti la Figlia di Destino, e ti ritieni intelligente? – risponde Morgana, afferrando il dispositivo tra le mani di Valeria e riducendolo in poltiglia.

-Sì, se so che la Figlia di Destino non può torcermi neanche un capello – risponde Valeria, indicando il robot viola che è appena entrato nella stanza.

-Ce ne hai messo di tempo, Custode. Mostra a questa ragazzina viziata l’uscita.

Morgana incrocia le braccia, osservando Valeria dall’alto al basso e pregustandosi la sua umiliazione. Ma quando il robot non risponde...

-Che stai aspettando? La Principessa Destino ti ha dato un ordine!

-Impossibile eseguire. Si allontani dalla bambina, Sua Maestà.

-Nessuno può dare ordini a Destino – risponde Morgana, stringendo i pugni; i suoi guanti metallici iniziano a crepitare di energia.

-E nessuna creazione di zio Destino può farmi del male; come la mettiamo?

 

Praga, Repubblica Ceca

A prima vista sembrerebbero tre normalissimi turisti: una coppia di quarantenni che camminano fianco a fianco tenendosi per mano, mentre la figlia adolescente li segue a breve distanza.

Non hanno fatto altro che passeggiare tranquillamente, attraversando ripetutamente la Staroměstské Náměstí, letteralmente Piazza della Città Vecchia.

-Questo luogo mi è familiare – ammette l’uomo.

-Siamo qui da quattro ore, ormai potrei chiamare per nome tutti i piccioni – risponde Valeria.

-Sono già stato qui, in un’altra vita. Assieme a te.

-E’ vero. Stai recuperando la memoria? – chiede Valeria, incerta se rallegrarsi o meno.

-Qualcosa mi ha riportato qui. Ero morto qualcosa mi ha guidato a Praga. Eri forse tu? La tua voce mi è familiare, ma non è quella che grida nei miei sogni. Siamo stati amanti?

-In un’altra vita. Prima ancora di quella che stai cercando di ricordare.

-Hm. Sembra che io abbia avuto molte vite. Molte facce – realizza l’uomo, toccando con mano quello che chiunque scambierebbe per un viso ma che è solo una maschera.

-Eri convinto di aver trovato quale fosse il tuo vero volto. Forse avevo paura che tu avessi ragione.

-Hey, “mamma e papà” – si intromette Layla Miller, attirando la loro attenzione.

-Sì, anche io ho notato che ci stanno seguendo – risponde l’uomo.

-Ci stanno seguendo? Chi? – si domanda Valeria, guardandosi attorno ma senza notare nulla.

-Gli uomini che vogliono uccidermi. Questo conferma la mia ipotesi; è il momento di procedere con la nuova parte del piano. Da questa parte – ordina l’uomo, accelerando il passo.

-Aspetta! Cosa hai scoperto? Come hanno fatto a trovarci? – domanda Valeria.

-Sono dei criminali di poco conto. E’ una deduzione semplice: non ci hanno ucciso in piena luce del giorno, quindi temono le forze dell’ordine. La polizia ha delle immagini di me all’uscita dell’ospedale, ma non con questo volto. E’ pronta, signorina Miller?

-Da questa parte, Doc – risponde l’americana, trascinando la coppia nel vicolo più vicino.

Sembra scegliere una porta a caso, e Valeria non si chiede se sapesse che non era stata chiusa a chiave e che nessuno si sarebbe accorto del loro ingresso.

 

Pochi minuti dopo, due uomini li seguono per trovarsi all’interno di un negozio di antiquariato. Estraggono le pistole, ed uno di loro ha l’accortezza di chiudere a chiave la porta dietro di sé.

-<Gettate le armi ed avete la mia parola che non vi farete del male> - dice loro una voce, parlando in ceco. La loro reazione immediata è di aprire il fuoco.

Il loro bersaglio alza una mano, come se volesse segnalare alle pallottole di fermarsi... e lo fanno, bloccandosi a mezz’aria alla sola vista di quello che indossa: un guanto metallico.

-<Abusare della mia clemenza sarà il vostro ultimo errore> - sentenzia l’uomo; ad un suo gesto, le pistole sfuggono alla presa dei due assalitori e volano nelle sue mani.

-<Non so cosa pensi di fare, ma non hai il fegato per farci del male> - lo stuzzica uno dei due.

L’uomo con il guanto di ferro fissa le pistole con silenziatore. Basterebbe pochissimo per uccidere.

-<Tu non hai alcuna idea di cosa sono> - risponde, emettendo una scarica elettrica dal guanto.

 

Ambasciata Latveriana a Canberra, Australia

Scott Lang si è messo nei guai molte volte in passato. A volte la cosa è tornata a suo vantaggio, come quando ha rubato il costume di Ant-Man per la prima volta. Altre volte la situazione è più incerta, come trovarsi di fronte il figlio adottivo del Dottor Destino pronto a fargli saltare la testa con un raggio energetico.

-Ragiona, Kristoff. Se mi spari suonerà l’allarme, ed il tuo piano di attaccare a sorpresa tua sorella Morgana salterà.

-E’ ancora incerto che lei sia veramente mia sorella, Lang. Non ti permetterò di interferire con il mio colpo di stato: governare Latveria è il mio destino.

-Ascoltati quando parli, Kristoff, è la tua programmazione a parlare. Destino ti ha messo in testa...

-Devo a Destino tutto quello che sono.

-Non è vero e lo sai. Siamo stati nella Fantastic Force assieme, ricordi?

-E lo sarei stato se non avessi avuto la tecnologia e le conoscenze di Destino? Senza il tuo costume tu sei qualcuno, Lang. Hai una famiglia, una vita, dei pensieri tuoi. Io ho perso la mia mente anni fa; tutto quello che sono è un riflesso della mente di Destino.

-Cassandra la pensa diversamente.

-Lascia tua figlia fuori da questa storia – risponde Kristoff; c’è della rabbia nella sua voce, e la luce generata dal guanto è aumentata notevolmente.

-Cassie è convinta che tu possa essere ancora un eroe; che Destino non abbia cancellato del tutto quello che eri. E se è stata capace di vedere un eroe dentro un perdente come me, devi crederle.

Kristoff esita: è impossibile dire che cosa stia succedendo dentro la sua testa. Ma finalmente disattiva i sistemi d’armamento, concentrandosi invece sul robot a terra.

-Non posso permettere che l’esistenza di questa postazione sia rivelata al pubblico, ma posso distruggerla senza suscitare i sospetti di Morgana. Sto riprogrammando questo robot per renderlo senziente e portarlo all’autodistruzione.

-E Morgana non si insospettirà?

-Saresti sorpreso dal sapere quante delle intelligenze artificiali create da Destino si suicidano una volta realizzata la propria funzione.

-Quindi immagino che tu abbia ancora intenzione di attaccare Morgana e riprenderti il potere.

-Mi dispiace, Scott. Nonostante i tuoi dubbi, alla fine dei conti sei un eroe...

Kristoff osserva il palmo della propria mano corazzata, dove stringe un disco dati contenente qualcosa di incredibilmente prezioso: i codici di accesso al Castello Destino.

-...mentre io non lo sono.

 

Castello Destino, Doomstadt, Latveria

Se c’è una cosa che chi lavora al Castello non conosce è la noia. C’è sempre qualcosa di imprevisto tra le sue mura: robot che combattono super-eroi, robot che riparano i danni di una battaglia, robot che pattugliano i corridoi del castello, robot che robot che combattono altri robot.

Un’altra cosa sconosciuta al Castello è non incontrare costantemente robot.

La novità di oggi è assistere allo scontro tra la Principessa Destino ed il massiccio robot viola che la segue sempre, chiamato Custode. Lucia Von Bardas li vede sfasciare una delle mura, anche se ha sentito il rimbombo dei loro colpi da molto prima.

Osserva lo scontro con occhio clinico: qualsiasi raggio scagliato da Morgana rimbalza sulla corazza del robot, e gli scudi dell’armatura della principessa sembrano faticare nel respingere i raggi oculari di Custode. Sembra uno scontro alla pari, cosa che fa dedurre a Lucia due cose: sia il robot che l’armatura di Morgana sono opera di Destino. Il che non conferma la pretesa di Morgana di essere sua figlia, ma certamente da maggior peso alla sua legittimità.

-Certo che è proprio testarda, vero?

Lucia si volta verso la bambina dai capelli biondi che ha parlato. Non sarebbe un Primo Ministro di Latveria adeguato se non la riconoscesse immediatamente.

-Non dovresti essere qui, Valeria Richards. Hai riprogrammato Custode?

-Non ce n’è stato bisogno. I robot di zio Destino non possono farmi del male, così quando Morgana ha provato ad attaccarmi si è precipitato in mia difesa.

-Conosci Morgana?

-Da meno di cinque minuti.

-E vuole già farti del male. Non so se questo dica di più sulla tua personalità o sulla sua.

-Entrambe, probabilmente. Tu sei il Primo Ministro, vero? Com’è lavorare con una psicotica narcisista con un complesso di Elettra monumentale?

-Siamo già d’accordo nel trovarti insopportabile – risponde Lucia, la cui irritazione per l’atteggiamento di Valeria passa presto in secondo piano: Morgana ha colpito Custode con qualcosa di abbastanza potente da far tremare l’intero Castello. Il robot giace a terra, senza alcun danno apparente ma off-line, e Morgana si incammina verso di loro con passi decisi.

-Lo hai già rotto? Non credo che zio Destino sarà molto contento di-

Valeria non finisce la frase: Morgana l’ha afferrata per il collo e sbattuta contro la parete.

-Mi fai male – si lamenta la bambina, agitandosi per cercare di liberarsi dalla stretta della donna in armatura. Morgana la sta fissando con uno sguardo che non spaventa solo Valeria.

“Che sta facendo? Non avrà intenzione di uccidere una bambina a sangue freddo!?” si chiede Lucia; anche le sue mani sono già sporche di sangue, ma ci sono limiti che non supererebbe mai.

-La tua esistenza è un insulto alla gloria di mio padre. Come osi pensare che Destino tenga più a te che alla sua stessa figlia!?

Lucia giurerebbe che Morgana sia facendo la domanda più a se stessa che a Valeria, e per un attimo è convinta che Morgana la ucciderà senza alcun rimorso. Ma prima che Lucia possa finire di prepararsi mentalmente ad insabbiare tutto, Morgana alza lo sguardo verso il ritratto del Dottor Destino appeso al muro e molla la presa, lasciando cadere Valeria a terra.

-Sì padre, ora capisco. Valeria è debole mentre io sono la figlia di Destino: non ho bisogno di essere protetta perché sono un riflesso del tuo genio.

La Principessa Destino osserva la bambina che piange, poi si avvolge nel proprio mantello verde.

-Falla sparire dalla mia vista – ordina a Lucia Von Bardas, prima di allontanarsi.

Il Primo Ministro ha appena realizzato una cosa: se Morgana è un riflesso di Destino, è un riflesso distorto. E per il bene di Latveria dev’essere rimossa dal trono.

 

Praga, Repubblica Ceca

La sveglia non è delle più gradevoli: uno schiaffo da parte di qualcuno che indossa un guanto metallico. La prima reazione che segue l’immediata imprecazione è il tentativo di liberarsi dalle catene che lo legano alla sedia, tentativo del tutto inutile.

-Tomáš Jahoda – lo chiama per nome il suo carceriere. Tomáš si guarda attorno: di fianco a lui c’è un altro uomo legato ad una sedia, e a giudicare dall’ematoma sulla sua guancia è stato svegliato esattamente allo stesso modo.

-Cerchi di mostrare più rispetto del suo collega, Josef Nepomucký. Trovo la violenza deplorevole, ma detesto ancora di più che si abusi della mia carità.

-Che ca##o ti è venuto in testa, brutto pezzo di m#rda? Lo sai chi siamo!?

Un fuoco si accende negli occhi del carceriere; l’elettricità che scorre sul suo guanto gli fa eco. Solleva il pugno verso Tomáš, ma si ferma quando Valeria gli poggia una mano sulla spalla.

-Non ce n’è bisogno. Reagisce così solo perché ha paura di te.

-Non abbastanza – risponde il carceriere; spegne il campo elettrico del guanto, ma colpisce comunque Tomáš con un pugno abbastanza forte da spaccargli il naso.

-Avete cercato di uccidere me e le mie associate. Per chi lavorate?

-Per tuo fratello! Ci ha pagato per uccidere te e chiunque venisse a prenderti! – confessa l’altro.

-Josef!!! – protesta Tomáš.

-Io non mi faccio ammazzare per i russi, non importa quanto pagano!

-“Mio fratello” – ripete il carceriere, pronunciando le parole come se non avessero alcun senso.

-Sì, dopo che se ne è tornato in Russia!

-Tu sai chi sono. Qual è il mio nome?

-Stai scherzando, vero?

-Non sono noto per il mio senso dell’umorismo – risponde il carceriere, sollevando il pugno nuovamente avvolto da scariche elettriche. Poi si volta verso Valeria e chiede:

-Non lo sono, vero?

-Dubito tu sia nella lista dei migliori comici d’Europa – risponde la donna.

-Va bene, va bene. Il tuo nome è Viktor – risponde Josef.

Valeria si volta per guardare Layla Miller, che finora è rimasta in disparte senza aprire bocca: per una volta tanto, Layla è persa tanto quanto lei. E non solo perché, tra i presenti, è l’unica a non conoscere una singola parola di ceco.

-“Viktor”. Viktor cosa? – pressa il carceriere.

-Viktor Domashev. Sei un hacker, va bene? Uno di quelli che rubano informazioni dai computer.

-Che cosa ci facevo in un ospedale? C’è stato un incidente?

-Tuo fratello ha provato ad ucciderti – risponde Tomáš.

-Non ci ha dato i dettagli, ma avevi scoperto qualcosa di prezioso a Praga e volevi venderlo a qualcun altro. Tuo fratello ti ha dato fuoco e ci ha pagato per uccidere chiunque venisse a farti visita, il tuo acquirente magari - conclude Josef.

-Qualcosa di prezioso? – ripete “Viktor”.

-Non sappiamo cosa, davvero! So solo che a casa tua hanno trovato un mucchio di foto di una donna, tutte quante con un nome scritto sopra... ca##o, non mi ricordo che nome era.

-“Valeria” – interviene Layla.

-Sì, sì esatto! Avevi trovato dove viveva questa donna di nome Valeria, e per qualche motivo sembra che questa informazione potesse valere una fortuna.

-E mio fratello ha scoperto dove si trova Valeria? – chiede Viktor.

-Non credo gli importasse, ce l’aveva con te per averlo tradito. Ecco, ti ho detto tutto quello che sapevo, davvero! Ora mi lascerai andare? – chiede Josef.

-Ancora due domande. Come si chiama mio fratello, e dove posso trovarlo?

-Yury? Credo sia ancora a Kiev.

-Dunque è arrivato il momento di incontrare questo mio fantomatico fratello. Quando le autorità vi libereranno, vi consiglio di non rivelargli la mia destinazione... potrei non essere così clemente, la prossima volta – risponde Viktor, colpendo Josef e Tomáš con una scarica a basso voltaggio: non letale, ma sufficiente a fargli perdere i sensi.

-Ce n’era proprio bisogno? – chiede Valeria.

-Sì, sono un rischio: le autorità potrebbero risalire alla nostra posizione.

-Non è esattamente quello che intendevo, Layla.

-Non sono un criminale. Ora muoviamoci – le incita Viktor, allontanandosi con passo sicuro.

 

Washington, D.C.

Un uomo dai capelli biondi esce di casa, salutando con un sincero sorriso i propri vicini di casa. La giornata è appena cominciata e sul suo smartphone ci sono già un centinaio di rapporti di sicurezza. Un’esplosione nell’ambasciata latveriana in Australia è ben nascosta in fondo alla lista, e prima che l’uomo possa arrivarci una voce femminile alle sue spalle lo chiama:

-Agente Quartermain?

Clay si volta, trovandosi di fronte una donna dai capelli castani che è l’ultima persona si aspettava di incontrare; il suo primo istinto è di portare la mano alla pistola sotto la giacca.

-Mi chiamo Samantha Dunbar, anche se forse mi conosce meglio come Lancer.

-La sedicente araldo di Destino, certo. Che cosa ci fai di nuovo in America?

-Voglio collaborare con lo S.H.I.E.L.D., se vi interessa organizzare un colpo di stato.

 

CONTINUA !